IL RUOLO DELLO STATO PSICOFISICO NELLA DIFESA ARMATA

IL RUOLO DELLO STATO PSICOFISICO NELLA DIFESA ARMATA

IL RUOLO DELLO STATO PSICOFISICO NELLA DIFESA ARMATA

di Tony Zanti

“L’addestramento al Tiro Operativo che non tiene in alcun conto l’insorgere di uno stato psicofisico alterato nell’Operatore impegnato nel confronto armato, non ha alcun valore pragmatico.”

Gli esseri umani hanno abitato questo pianeta da milioni di anni, evolvendosi da uno stato che non si fa fatica a definire animalesco a quello odierno. Detta evoluzione è stata possibile soprattutto grazie allo sviluppo – lento ma determinato – del più importante organo del corpo umano: il cervello. Infatti, il cervello dell’uomo ha subito una costante crescita da quando era ricoperto di folti peli e procedeva con incedere scimmiesco, costringendo la scatola cranica ad ampliarsi allo scopo di fare spazio alla maggiore volumetria di questa centrale dell’intelletto, vero fondamento dell’umanità.

Non tutti sanno, però, che il cervello umano conserva una sua parte e identità arcaica, che lo accomuna ad altri esseri viventi e proviene, appunto, da un tempo lontano. Alcuni datano questa origine all’inizio della vita sulla Terra. Non è difficile capirne il perché: i pesci primordiali sono vissuti nel mare per milioni di anni prima di avventurarsi sulla terra ferma, trasformandosi in anfibi e, successivamente, in rettili. La suddetta, lentissima metamorfosi ha generato esseri diversi e anche diversissimi tra loro, i quali però tutti condividevano la medesima origine “cerebrale”, in quanto la Natura ha preferito conservare la formula basica del cervello, piuttosto che inventarne una di sana pianta. Per sopperire ai sopravvenuti bisogni vitali, infatti, sulla base del cervello del pesce l’anfibio ha sviluppato tessuti addizionali, come poi il rettile ne ha aggiunto altri. Un cervello sempre più specializzato che asserviva a funzioni sempre più complicate!

Un’ameba, organismo monocellulare simile alle forme primordiali di vita su questo pianeta, ingrandita 400 volte.

Il passaggio meno accettato da chi ha problemi con il pensare che l’uomo derivi dalla scimmia, è quello tra rettile e mammifero. Una transizione che ha dell’orrido – in effetti – ma che ebbe luogo durante il regno dei Grandi Rettili! I mammiferi, infatti, videro la luce in piena era sauriana, cioè nel Triassico, originati da rettili quadrupedi, i Terapsidi, che poi scomparvero per lasciare il campo ai dinosauri. I mammiferi, quindi, sarebbero comparsi sulla Terra tra i 250 e i 200 milioni di anni fa. In questo lungo periodo di evoluzione, che li ha visti sopravvivere ai dinosauri, i mammiferi hanno continuato lo sviluppo intrinseco del loro cervello, ereditato dai rettili. Sviluppo che continua fino ai nostri giorni e che continuerà indefinitamente. Se esaminiamo il cervello umano, ci rendiamo conto del fatto che esso rispecchia le varie transizioni di specie e nasconde realtà inimmaginabili.

Detto questo, avventuriamoci nella ricognizione della struttura del nostro cervello, allo scopo di scoprire che cosa ci è stato lasciato in eredità dalle innumerevoli vite trascorse dalle diverse specie che ci hanno preceduto. Il nostro cervello, infatti, ha una base che reca il lontano retaggio del rettile, che è rimasto pressoché inalterato attraverso milioni di anni e che è sede e fonte di tutte le reazioni istintive e automatiche, uno strato intermedio (Sistema limbico) che si è sviluppato intorno ad esso grazie alle attività differenziate dei mammiferi primordiali e che è responsabile delle nostre emozioni, e la corteccia cerebrale, che è la parte più voluminosa e sede delle funzioni più specializzate. Le nostre reazioni istintive (da rettile), passano attraverso il filtro delle emozioni del Sistema limbico e sono finalmente mediate dalla corteccia, che ha il compito di responsabilizzare istinti ed emozioni. Senza quest’ultima non potremmo vivere in società e comportarci civilmente, ma saremmo preda dei nostri più reconditi istinti ed esterneremmo impudicamente tutte le nostre emozioni.

Rappresentazione di un Cinognato (mascella di cane), rettile appartenente alla famiglia dei Cinodonti, Terapsidi di maggior successo e i diretti antenati dei mammiferi. Spesso la somiglianza dei cinodonti con i mammiferi é tale che i soli elementi scheletrici non consentono un´agevole attribuzione alla classe dei rettili.

Il suddetto prologo è necessario al fine di esporre la realtà del nostro comportamento di fronte ad un pericolo a cui dobbiamo reagire per evitare un danno fisico. Con riferimento ad una possibile aggressione nei nostri confronti, quello che gli americani chiamano il “reptilian brain”, cioè il cervello di rettile, interviene in modo automatico, inducendoci a prendere una delle seguenti decisioni: combattere o fuggire, oppure anche rimanere immobili. Tutte e tre le opzioni trovano riscontro in una possibile reazione armata verso una minaccia ugualmente armata. In pratica, ci troviamo a dover reagire contro un Bersaglio Armato mentre siamo in possesso di un’arma da fuoco. Le azioni messe in atto da detto Bersaglio Armato impongono una reazione che deve essere giustificata – qualora vi siano tutti i presupposti per fare uso dell’arma legalmente detenuta, secondo i dettami della Difesa Legittima (Art. 52 del Codice Penale).

Premesso che la nostra reazione sarà giuridicamente giustificabile, in quanto necessaria alla preservazione dell’integrità fisica e della vita medesima, passiamo in rassegna il ventaglio delle possibilità a nostra disposizione, iniziando dall’ultima su elencata possibilità, l’immobilità, generalmente ritenuta deleteria e inaccettabile, in quanto ovvio prodotto di un’emozione considerata in modo negativo: la paura.

L’IMMOBILITA’

Il restare immobile, ossia sbigottiti dall’evento negativo al punto da non poter muovere un muscolo, è un fenomeno che può accadere a chiunque, anche ai più coraggiosi. Esso, infatti, può essere causato dalla paura che paralizza la persona, ma anche da altre cause: qui entriamo nel complesso contesto psicologico, che è difficile da capire se non a livello individuale. Questo fenomeno, comunque, sul piano fisico è provocato immediatamente dal Sistema Nervoso Simpatico e poi dall’Adrenalina, che irrigidisce i muscoli e fa sì che l’individuo non si muova. Questo fa parte del meccanismo primordiale legato alla sopravvivenza: proprio come tutto ciò che facciamo a livello istintivo, anche quest’azione ha un significato recondito. In questo caso, è possibile che l’essere umano abbia ingranato nel suo repertorio comportamentale – anche! – lo stare immobile quando è sottoposto alla minaccia di un’aggressione: quando egli aveva scorto il nemico del momento (uomo o bestia) prima che l’altro si accorgesse della sua presenza, si immobilizzava per tentare di passare inosservato. Con il favore del vento e la copertura offerta dalla vegetazione, questa reazione avrebbe funzionato egregiamente. Il mimetismo, del resto, è una tattica comune nel mondo animale e la maggior parte degli animali rimane immobile quando percepisce un pericolo imminente. L’immobilità causata dall’Adrenalina avrebbe potuto avere anche un’altra funzione: quella di raccogliere le forze e concentrarle in un’unica direzione, che avrebbe rappresentato la fase successiva della reazione, ossia, la fuga o la lotta. I muscoli messi sotto tensione dall’azione dell’Adrenalina sarebbero allora scattati per compiere l’una o l’altra reazione.  In realtà, l’immobilità potrebbe rappresentare una reazione accettabile, quando il soggetto è sorpreso e non ha altra via d’uscita se non la resa: in questo caso muovere un solo muscolo potrebbe causare che il Bersaglio Armato tiri il grilletto. Non è da prendere in considerazione la possibilità di reazione che può essere indotta da un’ingranata abitudine del Tiratore Sportivo ad estrarre l’arma per compiere l’esercizio di tiro dalla posizione di “surrender”. Assolutamente no! Non confondiamo il gioco con la realtà. Qui il bersaglio è armato!

LA FUGA

Il Sistema Nervoso Simpatico mette in moto il complicato meccanismo per cui l’Adrenalina pervade il corpo umano in pochi istanti. Ciò avviene soprattutto grazie all’attività frenetica del cuore, che pompa grandi quantità di sangue a parti “selezionate” dell’apparato umano: soprattutto al cervello (la centralina del corpo umano, che dovrà decidere rapidamente il da farsi) e ai muscoli degli arti e della schiena (che permetteranno una reazione incredibilmente forte e veloce). I battiti del cuore possono anche raggiungere o superare i 200 al minuto, per cui l’individuo potrebbe rischiare il collasso cardiocircolatorio. Queste condizioni rendono comunque possibile una fuga precipitosa dall’ambiente ostile: le braccia serviranno per muovere o superare ostacoli (arrampicarsi, ecc.), mentre le gambe offriranno la spinta necessaria. Al contempo, la frequenza della respirazione aumenterà in maniera considerevole (30 e più frequenze respiratorie al minuto), poiché il sangue in circolo deve essere ossigenato rapidamente. L’afflusso eccessivo del sangue ai muscoli principali significa anche che il sangue non affluirà in normale misura ad altre parti del corpo: il volume del sangue rimane invariato – naturalmente – e i capillari che portano sangue all’epidermide, per esempio, si restringeranno. L’epidermide assumerà, quindi, quel colore “esangue”, cioè pallido, che l’esperienza popolare attribuisce all’aver “visto un fantasma”, ossia l’aver avuto un grande spavento (altresì “essere bianchi come un lenzuolo”). Questo meccanismo della vasocostrizione periferica favorisce anche la diminuzione dell’emorragia (si consideri che perfino un arto troncato di netto, sanguina pochissimo). Il deflusso del sangue allo stomaco dà per risultato il blocco della digestione, oppure il vomito, che può anche significare che il corpo vuole liberarsi dell’eccesso di peso per condurre la reazione relativa al fight or flight (combattimento o fuga). Altre funzioni saranno alterate: la salivazione e la sudorazione, anch’esse ricollegabili agli stessi antichi meccanismi psicofisiologici. Inoltre, l’azione dell’Adrenalina fa sì che le pupille si dilatino: questo fa parte del medesimo meccanismo ancestrale della sopravvivenza che, come lo stesso “sgranare gli occhi”, serve ad acquisire una migliore visione dell’insieme, soprattutto in condizioni di scarsa illuminazione. La pupilla dell’occhio umano, infatti, ha la stessa funzione del diaframma nelle macchine fotografiche e regola la quantità di luce che la retina (in pratica: la pellicola) riceve. In questo quadro di reazioni obbligate – comunemente conosciute come istintive – i movimenti motori di lieve entità che richiedano una certa precisione, saranno impossibili da compiere, anche a causa della famosa “scarica d’Adrenalina” che si ripercuote attraverso tutto il corpo. E’ interessante notare che il corpo si prepara a reagire con grande vigore anche attraverso il riversamento in circolo degli zuccheri provenienti dal fegato. Vi sono tutte le condizioni perché l’individuo possa compiere grandi sforzi fisici, sopportare indicibili sofferenze e reagire in tempi incredibilmente brevi.

Molti mammiferi subiscono gli effetti del reptilian brain, in quanto la loro corteccia cerebrale non è abbastanza voluminosa e funzionale da permettere loro di mitigare l’aggressività, che è retaggio del rettile.

IL COMBATTIMENTO

L’azione dell’Adrenalina influenza grandemente i procedimenti mentali, in quanto il cervello è il primo organo ad essere colpito dagli effetti di questa droga naturale. L’Adrenalina, infatti, aumenterà le percezioni che provengono dall’esterno in maniera esponenziale. Si pensi che l’essere umano percepisce visualmente la realtà circostante in funzione di circa venti “scatti” al secondo: la singola immagine “fotografata” dall’occhio e trasmessa al cervello (per l’immagazzinamento e l’elaborazione dei dati acquisiti visualmente) si svolge nello spazio di circa un ventesimo di secondo. Del resto, la cinematografia funziona in questo esatto modo: le singole fotografie effettuate dalla cinepresa sono nello stesso numero delle immagini percepite dal cervello umano. Soltanto così riusciamo a vedere lo scorrere delle immagini in modo “reale”: la ripresa – e successiva trasmissione – delle immagini avviene alla stessa velocità in cui noi la percepiamo. Infatti, le riprese cinematografiche effettuate all’inizio del ventesimo secolo (per intenderci, quelle dei film muti) avevano l’effetto di sembrare rapidissime: vediamo un Charlie Chaplin sfrecciare attraverso lo schermo, quando in realtà la macchina da ripresa aveva scattato soltanto pochi fotogrammi al secondo, a causa delle limitazioni tecnologiche dei tempi. Paradossalmente, il procedimento di visualizzazione delle immagini funziona in modo inversamente proporzionale al numero delle immagini riprese: per rallentare l’azione (che avviene nella realtà alla velocità con cui l’occhio umano percepisce il movimento), l’occhio della telecamera sarà costretto a scattare molte più immagini per secondo di quante ne percepisce l’occhio umano. Di conseguenza, l’azione ripresa con molti fotogrammi risulterà lenta, mentre l’azione ripresa con pochi fotogrammi sarà veloce. Che cosa accade nella realtà? Ossia, in quale misura l’essere umano percepisce lo svolgersi naturale degli eventi? Tutti coloro i quali sono stati sottoposti a grande pericolo, hanno riferito di aver osservato l’azione reale svolgersi “come al rallentatore”. Questo fenomeno non è di natura psicologica, ma accade in virtù del meccanismo psicofisiologico innescato dal Sistema Nervoso Simpatico: i procedimenti mentali relativi all’analisi della situazione attuale sono estremamente accelerati, per cui l’individuo riceve una dovizia di immagini e informazioni che la persona non affetta dall’Adrenalina neanche immagina. Questo fatto, se debitamente sfruttato dall’Operatore sottoposto ad un’aggressione, potrebbe risultare significativo nella dinamica efficace della reazione. Questo concetto è di fatto dimostrato dalla comune mosca, la cui percezione della realtà è costituita da circa 200 “fotogrammi” al secondo, ragion per cui è molto difficile sorprenderla: si metterà in volo prima che possiamo toccarla, poiché vedrà la nostra mano muoversi “al rallentatore” (a circa un decimo della sua velocità effettiva). Se l’Operatore imparasse a sfruttare la capacità di velocizzazione del pensiero – e dei movimenti – che l’Adrenalina rende possibili, questo si tradurrebbe in una reazione incredibilmente veloce. In realtà, ciò non è utopico, in quanto costituisce il prodotto auspicabile dell’addestramento: la Pronta Reazione!

L’aggressività nell’uomo è limitata dai filtri sociali insiti nel nostro cervello. Una persona normale può scegliere tra il bene e il male anche se il reptilian brain  propone la rabbia omicida. Ma a volte esso prevale. Si è scoperto che la totalità dei serial killer hanno delle malformazioni congenite al lobo frontale, oppure hanno subito traumi in quella zona durante l’infanzia o l’adolescenza. Il lobo frontale è soprattutto sede della coscienza: questo fatto offre un’interessante spiegazione del fenomeno.

In seguito analizzeremo la varietà dei comportamenti causati dal meccanismo di sopravvivenza che il nostro cervello mette in atto quando siamo minacciati da un pericolo improvviso, allo scopo di facilitare la riuscita di una eventuale reazione, con riferimento al necessario rapporto con l’arma da fuoco, il relativo equipaggiamento, l’ambiente che ci circonda e, ovviamente, il Bersaglio Armato.


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