GLI EFFETTI DELLO ‘STRESS SITUAZIONALE’ NELLA DIFESA ARMATA

di Tony Zanti

“L’addestramento al Tiro Operativo che non tiene in alcun conto l’insorgere di uno stato psicofisico alterato nell’Operatore impegnato nel confronto armato, non ha alcun valore pragmatico.”

Nello scorso articolo abbiamo esplorato scorci del nostro passato biologico e constatato il procedimento di crescita ed evoluzione del nostro cervello, attraverso le ere. Abbiamo visto come il fondamento primordiale del nostro organo pensante si può definire – perché in realtà e a tutti gli effetti lo è – “reptilian brain”, ossia cervello da rettile, sede degli istinti ancestrali in esso incorporati. A questo si era aggiunta una struttura complementare, retaggio del passaggio dal rettile al mammifero, a cui è stato dato il nome di Sistema limbico, che dà luogo alle molteplici emozioni di cui siamo capaci ed agisce da vero e proprio filtro tra il cervello primordiale e la corteccia cerebrale. Quest’ultima costituisce il più recente stadio evolutivo (tenendo presente che i tempi in questione consistono di milioni di anni) e gioca un ruolo centrale nei meccanismi mentali quali la coscienza, la memoria, il pensiero e il linguaggio.

Il nostro ‘emancipato’ Sistema Nervoso Centrale, formato da cervello, cervelletto, midollo allungato e midollo spinale è un insieme di recettori sensoriali che provocano in noi reazioni spontanee (automatiche), principalmente e ultimamente volte alla preservazione della vita. L’istinto di sopravvivenza, infatti, è una delle forze delle natura più pressanti, a cui nessun essere vivente può sottrarsi.

La complessa organizzazione protettiva del nostro corpo, in caso di pericolo delega il Sistema Nervoso Simpatico, che si trova nella colonna vertebrale e raggiunge gli organi interni mediante diramazioni nervose, a mettere in atto complicate reazioni che facilitano la sopravvivenza dell’individuo. Le conseguenti funzioni, dette appunto simpatiche, danno luogo a diversi fenomeni intracorporei, quali l’aumento delle contrazioni cardiache, l’aumento della pressione arteriosa, la dilatazione dei bronchi e dei vasi del cuore, dei polmoni e dei muscoli scheletrici, la contrazione dei vasi sanguigni periferici e la costrizione dei vasi di cute ed organi viscerali. Inoltre, il fegato promuove la glicogenolisi (che fabbrica energia, grazie al rilascio di zuccheri nel sangue) e diminuisce la secrezione di bile, mentre lo stomaco inibisce la produzione di acido cloridrico e il pancreas inibisce la secrezione. Nel frattempo – fatto molto importante – le ghiandole surrenali producono adrenalina e l’organo della vista subisce la dilatazione delle pupille e il rilassamento del muscolo ciliare, che favorisce la visione lontana.


Gli effetti del “Combat Stress” si fanno sentire quando l’Operatore è sottoposto ai forti stimoli derivanti da un Sistema psicomotorio accelerato. Perfino un’operazione semplice – in addestramento – quale chiudere un occhio per prendere la mira con l’altro, risulterà difficoltosa e avversata dai meccanismi di sopravvivenza messi in atto dal Sistema Nervoso Simpatico e dall’adrenalina.

Questa serie di fenomeni influenza profondamente le funzioni corporee, predisponendo l’individuo alla battaglia per la sopravvivenza e, inoltre, va a interagire con le reazioni psicofisiche che effettuiamo – anche – quando siamo costretti a difenderci, facendo uso di un’arma da fuoco.

L’adrenalina è senza dubbio uno degli elementi più significativi della reazione che ha luogo quando l’individuo crede di essere in sostanziale pericolo ed è lo strumento con cui il corpo organizza una difesa arguta ed efficace, attraverso il compimento di una serie di reazioni biomeccaniche, alcune delle quali sono estremamente vantaggiose, mentre altre rappresentano un ostacolo alla reazione ottimale. Si tenga presente che l’Epifrenina (il corrispondente farmacologico dell’adrenalina) è comunemente utilizzato nel CPR (Cardio-Pulmonary Resuscitation), ossia nella rianimazione cardiopolmonare, nonché nel trattamento delle punture di vespe e calabroni – tra altri – in virtù delle sue proprietà chimiche atte ad apportare un’accentuata e velocizzata vitalità (bronchiodilatazione, vasocostrizione e stimolazione dell’attività cardiaca). Di seguito esponiamo i vantaggi che l’Adrenalina apporta, comparandoli con la risposta operativa necessaria a garantire un livello accettabile di Sicurezza e sopravvivenza da parte dell’Operatore (premettendo che con questo termine vogliamo indicare sia gli Operatori della Sicurezza pubblica e privata, sia i privati cittadini).


Una delle azioni più difficili per l’Operatore è costituita dall’affrontare un ignoto pericolo in condizioni di luce avversa. Il buio è atavico nemico dell’uomo e nasconde insidie sconosciute. In simili frangenti, il Tiro Reattivo è estremamente arduo.

I vantaggi:

  • La potenza e resistenza di cui improvvisamente godono i grandi fasci muscolari (soprattutto le braccia e le gambe). Ciò si traduce nella capacità di reagire in modo ottimale al Fight or Flight Response.
  • La velocizzazione dell’attività mentale e psicomotoria. Sfruttando questo vero e proprio “Turbo” cerebrale, l’Operatore potrebbe ottimizzare la propria reazione durante l’evento.
  • La riduzione del sanguinamento. Ciò aiuterà l’Operatore a continuare la reazione, nonostante la presenza di ferite anche gravi.
  • La resistenza al dolore fisico. Come sopra.

Gli svantaggi:

  • L’impossibilità di compiere movimenti tattili di precisione, quali il disinserire la sicura manuale, il mettere il colpo in canna, l’armeggiare con fondine dalla ritenzione esterna, l’azionare il grilletto in modo fluido e controllato, ecc.
  • La forte tensione nervosa, l’incanalamento visivo, l’irrigidimento dei muscoli, la frequenza cardiaca esasperata, la respirazione alterata, i tremiti, la sudorazione eccessiva, il vomito.

In queste condizioni, l’Operatore è pronto per combattere oppure per fuggire, ossia compiere azioni che richiedono potenza e velocità. L’Operatore dovrà imparare a conoscere gli effetti dell’adrenalina ed applicarli vantaggiosamente al complesso contesto operativo che lo circonda, come vedremo in seguito.

L’Operatore deve accettare il fatto che l’adrenalina lo sottoporrà ad una Reazione psicofisiologica obbligata (dalla quale non potrà sottrarsi e che gli procurerà – come abbiamo visto – sia vantaggi, sia svantaggi a livello tattico-operativo) e quindi adattare il proprio comportamento reattivo con riferimento agli effetti causati dall’adrenalina, piuttosto che lasciarsi guidare da una Reazione armata “istintiva”. Le armi e l’istinto si mescolano tra loro allo stesso modo che l’acqua e l’olio, naturalmente. Diciamo che detto adattamento deve avvenire prioritariamente in sede addestrativa, in modo che l’Operatore acquisisca gli automatismi relativi alla Reazione armata ottimale, che è necessariamente dipendente dalla complessa Reazione a sua volta scatenata dall’entrata in circolo dell’adrenalina. Detto inevitabile procedimento causerà una serie di avvenimenti a livello fisico e psicologico che condizioneranno la Reazione armata dell’Operatore. Prendiamo in considerazione le diverse Reazioni causate dall’adrenalina, che sono rilevanti al fine di capire gli sviluppi della Reazione armata.

L’Operatore, sottoposto allo stress derivante da una grave minaccia, sarà costretto a compiere le seguenti azioni:

Metterà a fuoco la fonte della minaccia. Il Bersaglio Armato attirerà immediatamente e irrimediabilmente l’attenzione dell’Operatore, il quale non potrà mettere a fuoco il mirino della pistola (come invece avviene nel Tiro Sportivo). Si pensi che lo spostare la messa a fuoco dal Bersaglio Armato al mirino, può richiedere mediamente un secondo di tempo (che va ad aggiungersi al tempo di Reazione necessario perché l’Operatore possa sparare sul Bersaglio Armato).

Terrà entrambi gli occhi aperti. Mettendo a fuoco il mirino della pistola con entrambi gli occhi, l’Operatore vedrà con la vista periferica due Bersagli Armati (invece che uno), in virtù della divergenza della linea di mira di ciascun occhio. Il fatto non è ottimale dal punto di vista pratico, naturalmente. Se l’Operatore chiudesse un occhio nel tentativo di ovviare al suddetto inconveniente, egli perderebbe una grossa sezione del proprio campo visivo e di conseguenza sarebbe meno pronto ad affrontare altri pericoli presenti nell’ambiente tattico. Neanche ciò è ottimale! Queste due prime reazioni rendono necessario l’utilizzo del Tiro puntato-mirato.


Il Tiro dal Riparo consiste di regole ben precise, che è bene reiterare in addestramento, in quanto lo stress legato all’evento negativo scompone considerevolmente questa Tecnica di Tiro. Un addestramento meno che oculato si tradurrà in un’azione inefficace e controproducente.

Si porrà in posizione frontale rispetto alla minaccia. L’Operatore rivolgerà il petto perpendicolarmente al Bersaglio Armato. Lo sguardo sarà diretto in modo altrettanto frontale. Questo fatto favorisce l’assunzione della Posizione di Tiro del Tiro Dinamico Operativo® la Mantide, che è prettamente frontale, di facile apprendimento ed esecuzione e appropriata da utilizzare nel contesto tattico.

Avrà difficoltà nel compiere azioni minuziose. La forza dell’Operatore si manifesterà anche nelle mani (che servono ad afferrare, spingere o tirare), ma le dita non potranno compiere facilmente i gesti necessari a manipolare i piccoli congegni meccanici posti sulla pistola, sulla fondina, oppure su un altro tipo di equipaggiamento. L’addestramento ottimale, che deve essere volto al realismo, modificherà la Didattica sulla Reazione a fuoco dell’Operatore, soprattutto tenendo conto dei succitati dati di fatto.


Gli inceppamenti durante lo scontro armato sono una delle principali cause di fallimento dell’azione difensiva. Anche qui, l’addestramento deve enfatizzare azioni di rimedio a tutte le possibili cause di inceppamenti e malfunzioni dell’arma.

Inoltre, l’Operatore sarà sottoposto ai seguenti effetti:

Subirà l’effetto del Tunnel visivo. L’Operatore sarà attratto dal Bersaglio Armato, al punto che questo costituirà il centro (e il limite!) del campo visivo dell’Operatore. La sua vista, praticamente, sarà concentrata sulla fonte della minaccia e i contorni, ossia l’ambiente in cui l’azione avviene, saranno offuscati e “dimenticati” dalla vista periferica. Ciò potrebbe non accadere in alcuni casi, ma accade nella maggior parte dei casi.

Subirà l’esclusione auditiva. L’Operatore – come sopra, nella maggior parte dei casi – recepirà il rumore degli spari in minima parte, oppure non udirà nessun suono intorno a sé.

La frequenza cardiaca aumenterà a dismisura. L’Operatore sarà affetto da tachicardia (fino ad oltre i 200 battiti cardiaci al minuto): sentirà “il cuore in gola” senza dover necessariamente compiere alcuno sforzo fisico. Un essere umano adulto ha una frequenza cardiaca normale di circa 80 battiti al minuto.

La frequenza della respirazione raddoppierà. Infatti, generalmente si passerà dalle circa 15 alle oltre 30 frequenze respiratorie al minuto.

Suderà abbondantemente. Il sudore “freddo” è sinonimo di grande stress, generalmente causato dalla paura.

Potrebbe vomitare. Il deflusso del sangue dallo stomaco può causare questo fastidioso inconveniente.

Sarà scosso da tremiti. La presenza improvvisa dell’adrenalina nel circolo sanguigno farà tremare visibilmente l’Operatore.

L’azione sembrerà interminabile. L’Operatore vedrà gli avvenimenti che si svolgono come “al rallentatore”.


Un esercizio di “Stress Inoculation”, ossia di stress indotto artificialmente prima del tiro. Qui la frase “L’addestramento al Tiro Operativo che non tiene in alcun conto l’insorgere di uno stato psicofisico alterato nell’Operatore impegnato nel confronto armato, non ha alcun valore pragmatico” è pienamente giustificata.

Questi effetti possono soltanto essere sopportati al meglio dall’Operatore, il quale non avrà scelta: dovrà accettarli di buon grado e tentare di fare del suo meglio. Uno di questi effetti, non menzionato tra i suesposti, rappresenta un grave pericolo. Possiamo definirlo la Sindrome dello Spettatore, per mancanza di un termine appropriato: a volte, infatti, l’Operatore rimane “di sasso”, succube degli avvenimenti che si svolgono intorno a sé. L’addestramento realistico si pone come rimedio a questo problema, anche qui creando gli automatismi che inducono l’Operatore a reagire, piuttosto che subire l’azione passivamente.

Le prime quattro azioni dettate dall’adrenalina, invece, sono risolvibili attraverso un addestramento adeguato alle necessità operative.

Soluzioni efficaci sono costituite dall’utilizzo da Tecniche di Tiro appropriate alla situazione e dalle relative Tattiche Operative e Difensive.

Per concludere, le reazioni naturali ed automatiche dettate dall’istinto di conservazione non devono essere né avversate, né  assecondate ciecamente: la subitanea potenza muscolare deve essere sfruttata al massimo, così come l’accelerata capacità di pensiero deve essere utilizzata in modo ottimale. L’unione di queste due capacità (fisica e cerebrale) aumenteranno le possibilità di sopravvivenza dell’Operatore, a patto che i giusti automatismi (creati da un valido Sistema addestrativo) intervengano a “guidare” l’Operatore attraverso gli ardui sentieri dell’ambiente tattico.


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